Le streghe di Shakespeare

di Diana Colombre.


Se in Inghilterra, durante i regni di Elisabetta I e del suo successore Giacomo I (sec. XVI-XVII) si fossero presi la briga di stilare una lista dei trending topic del tempo, sono più che sicura che streghe e malefici si sarebbero aggiudicati un posto sul podio. E Shakespeare, da influencer navigato quale era, non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione di cavalcare l’onda.
Parlando di stregoneria1, l’opera che salta subito alla mente è il Macbeth con tre streghe che aprono la prima scena del primo atto. Queste donne hanno catturato l’attenzione di molti commentatori tanto che su di loro si è già detto tutto e il contrario di tutto, perfino che non erano streghe.

Facciamo un passo indietro. È ormai dato per appurato che Shakespeare, per la scrittura della sua tragedia, si sia basato sulle Cronache di Holinshed, un’opera in più volumi dedicata alla storia della Gran Bretagna e redatta sul finire del XVI secolo. Nel tomo incentrato sulla Scozia, si narrano anche le vicende di due personaggi chiamati Makbeth e King Duffe. Pare che Shakespeare abbia dato forma alla trama della sua tragedia mescolando e apportando alcune modifiche alle loro due storie. Già in Holinshed appaiono varie tipologie di streghe comprese le weird sisters, appellativo con cui in inglese sono conosciute le tre streghe del Macbeth di Shakespeare. Weird sisters è, in effetti, la locuzione con cui anche loro stesse si definiscono (Atto I, Scena III), termini che in italiano vengono resi con le fatidiche sorelle2.
Nelle Cronache vediamo Makbeth e Banquho imbattersi in «tre donne abbigliate in maniera stravagante e disordinata, che sembravano creature del vecchio mondo»3 donne che, come ci viene spiegato, erano ritenute delle divinità del destino o delle specie di ninfe o fate che grazie alla pratica della necromanzia avevano acquisito la capacità di profetare4.
Quest’ultima frase – essendo il Macbeth ispirato dalle Cronache – ha spesso indotto i commentatori ad accomunare le fatidiche sorelle con le Norne della mitologia norrena. Una delle “prove” riguarda il loro numero, essere quindi un trio come la loro controparte nordica. In realtà, questo è vero solo in parte. Le norne5 appaiono in numero di tre solo in pochissimi componimenti come, per esempio, l’anonima Predizione dell’indovina (Völuspá) e L’inganno di Gylfi (Gylfaginning) di Snorri Sturluson. Nelle restanti opere, queste dee del destino sono più numerose, un gruppo ben nutrito di divinità dai caratteri non sempre chiari ma che tendono ad essere distinte in norne buone e norne cattive a seconda del destino da loro stabilito. Nel Dialogo di Fáfnir (Fáfnismál) si dice addirittura che alcune norne appartengono alla stirpe degli Asi, altre a quella dei Vani6 e altre ancora perfino agli elfi, quindi non solo non sono tre, ma non condividono nemmeno gli stessi genitori. Il fatto che tutti noi ci ricordiamo solo delle tre Norne – di cui, al contrario di quanto avviene per le altre, ci sono stati tramandati i nomi (Urðr, ossia “Destino”; Verðandi, ovvero “Ciò che diviene”; Skuld, cioè “debito, colpa”) – può semplicemente dipendere dall’inevitabile raffronto con altre mitologie in cui le dee del destino sono tradizionalmente tre (mi riferisco, ovviamente, alle Parche romane e alle Moire greche).
La seconda “prova” è poi quella che nega che le streghe abbiano la capacità di influenzare il destino, potere invece detenuto dalle Norne. Anche in questo caso si tratta di un’argomentazione alquanto labile poiché non è chiaro dal testo del Macbeth se esse armeggino in un certo qual modo con il Fato o siano, piuttosto, dei semplici mezzi attraverso cui questo si lascia conoscere. Per capirci: prevedere il futuro non significa essere in grado di cambiarlo. Le loro predizioni paiono più che altro ciò che sociologia e psicologia denominano profezie che si autoavverano (self-fulfilling prophecy), ovvero previsioni che si realizzano per il semplice fatto di essere state espresse. Questo accade non per una qualche forma di magia, ma perché il solo averne sentito parlare porta anche inconsciamente a modificare il proprio comportamento in modo tale da agevolare il compimento di quanto predetto7. E poi, se le fatidiche sorelle fossero davvero delle dee, perché si sarebbero premurate di chiedere a Macbeth se preferiva avere le risposte da loro o dai loro padroni?8 Quali “padroni” può avere una dea? A ben vedere, forse l’unica caratteristica che potrebbe davvero accomunare le streghe del Macbeth con le Norne è anche l’unica “prova” che nessuno ha mai evidenziato. Con l’avvento del cristianesimo, infatti, le norne andarono a rimpinguare il lungo elenco di creature demoniache stilato dalla nuova religione, venendo assimilate a streghe, maghe ed indovine. Insomma, a un certo punto della Storia, fra Norne e fattucchiere non c’era poi tutta questa gran differenza. Esiste, infine, almeno un precedente letterario in cui streghe e Signore del Destino si trovano a combaciare, seppur per finzione. Mi riferisco al romanzo del XIII secolo Amadas et Ydoine nel quale la protagonista, Ydoine, chiede aiuto a tre streghe per evitare che il matrimonio con un uomo che non ama venga consumato. Le tre abili donne, allora, smettono i loro abiti per poter “interpretare” le Parche: «Poi si trasformano in maniera prodigiosa in belle sembianze di fate, e si fanno passare per le Signore del Destino. La prima si finge Cloto, l’altra strega Lachesi, e la terza Atropo […]; si fanno passare per le tre Signore del Destino in virtù delle quali accade ogni cosa»9. Comunque, se è vero che in Holinshed si parla di dee legate al fato (ma, come visto sopra, non in maniera sicura, dato che si ipotizza anche che possano essere delle specie di necromanti fatate) è altrettanto indubbio che tutto ciò che Shakespeare ha inserito nella tragedia urla “Strega!” a squarciagola.

Iniziamo con l’analizzare il loro aspetto.
Quando Banquo scorge per la prima volta le tre sorelle ce le descrive «vizze e selvatiche nelle loro vesti» per poi parlare di dita scarne e labbra smunte (Atto I, Scena III)10. Ecate, poi, oltre a proclamarsi loro regina e signora, le apostrofa «vegliarde fattucchiere insolenti e beffarde» (Atto III, Scena V)11, mentre Macbeth si rivolge a loro chiamandole «occulte streghe delle tenebre di mezzanotte» (Atto IV, Scena I)12 utilizzando in originale il termine hags che, per definizione, sta proprio a indicare donne brutte e vecchie dedite alla stregoneria13. Che le streghe si presentino con le fattezze di donne anziane e decisamente poco attraenti è una credenza che già esisteva nell’antichità. Si discute, per esempio, di «vecchie fattucchiere» («cantatrices anus») nel passo delle Metamorfosi di Apuleio dedicato all’avventura di Telifrone di Mileto (II, 30), così come anziane sono la Meroe del primo libro dello stesso testo, nonché Canidia, Sagana, Veia e Folia (Orazio, Epodi, V e Satire, I, 8). Di Eritto, la terribile strega tessala protagonista del sesto libro della Farsalia, Lucano dice: «Un’orribile, squallida magrezza domina il volto della sacrilega, e la terribile faccia che ignora il cielo sereno è gravata dal pallore stigio e coperta dalle chiome scarmigliate»14, un ritratto sicuramente molto più evocativo ma che, a conti fatti, collima con le parole di Banquo. Se ciò non bastasse, nell’opera di Reginald Scot, The Discoverie of Witchcraft, che con molta probabilità Shakespeare conosceva e poté consultare, ci viene spiegato che le streghe «sono solitamente donne vecchie, storpie, dagli occhi cisposi, pallide, sporche e piene di rughe, povere, astiose, superstiziose e papiste oppure senza religione […]. Sono scarne e deformi, i loro volti manifestano i segni della melanconia causando orrore in chi le guarda»15.
È sempre Banquo, poi, a rivelarci che le weird sisters hanno la barba16. La barba, ai tempi di Shakespeare, era ritenuta una caratteristica tipica delle streghe. A questa credenza accenna nuovamente ne Le allegre comari di Windsor quando Falstaff viene fatto travestire da donna per schivare le ire del geloso Ford e spacciato per «la vecchia di Brainford», ossia la zia dell’ancella di comare Ford, in odore di stregoneria (Atto IV, Scena II). Evans commenta la situazione esclamando: «vien da credere anche a me che sia una strega. Non mi piacciono tanto le donne con la barba. E cred’io bene d’aver visto una gran barba spuntarle di sott’al fisciù»17. Di «bearded witch» parla anche The Dumb Knight (Atto IV, Scena II), una commedia contemporanea del Macbeth, scritta da Lewis Machin e Gervase Markham. E ancora più esplicito in tal senso risulta essere un passo della tragicommedia di Francis Beaumont e John Fletcher, The Honest Man’s Fortune, in cui ci viene spiegato che la barba è un segnale che quella donna è una strega (Atto II, Scena I). Le fattezze barbute potrebbero sia voler sottolineare la qualità di creatura “contro natura” della strega, sia il suo essere una vecchia decrepita, in quanto barba e baffi vengono spesso attribuiti anche alle donne anziane o che, comunque, hanno raggiunto la menopausa. Non bisogna dimenticare, infine, che all’epoca del Bardo i ruoli femminili venivano impersonati da attori di sesso maschile, e che, se per le eroine e le giovani avvenenti si preferivano gli imberbi, la stessa attenzione probabilmente non la si aveva quando si rappresentavano signore di una certa età, dunque sottesa alle parole di Evans potrebbe anche esserci un’allusione burlesca a questa consuetudine.

Passiamo ora a esaminare i loro poteri.
L’abbiamo già accennato, le streghe sono in grado di predire gli eventi futuri. Ciò può avvenire mediante incantesimi e visioni, forse delle vere e proprie evocazioni di spiriti, come vediamo accadere nella prima scena del quarto atto del Macbeth. Oppure si possono usare degli oggetti particolari, per esempio uno specchio, pratica a cui sembra riferirsi lo stesso Macbeth quando, descrivendo l’ottava apparizione, dice che reca con sé uno specchio dentro al quale può vedere altre immagini legate al futuro18. Usanza, questa, di cui aveva parlato anche in Misura per Misura19 e che ritroviamo parzialmente anche in un’altra opera del periodo, la commedia di Robert Greene Friar Bacon and Friar Bungay20. La divinazione per mezzo di una superficie riflettente è cosa ben nota, tanto da essersi guadagnata vari nominativi (catoptromanzia o catottromanzia, enoptromanzia o enottromanzia, cristallomanzia) ed essere stata praticata, secondo la leggenda, da personaggi davvero illustri. Il più famoso è forse Virgilio, un altro uomo di cultura che durante il Medioevo si è visto affibbiare la fama di necromante. Di lui, fra le altre cose, si diceva che avesse costruito uno specchio collocato a Roma che serviva a individuare chi volesse attentare alla sicurezza della città. Pare sia stato Giovanni di Salisbury nel suo Policraticus, sive de nugis curialium et vestigiis philosophorum (XII sec.) il primo a dare un nome alle persone addette a tale “magia”, ovvero gli specularii (Policraticus, I, XIII), termine che in precedenza stava solo ad indicare i fabbricanti di specchi.
Un’altra attività a cui le streghe si dedicano e che compare sovente fra le accuse nei processi a loro carico, è la soppressione e, più in generale, l’affatturamento del bestiame. Infatti, quando la prima strega chiede alla sorella dove sia stata, la seconda risponde «A uccider porcelli» (Macbeth, Atto I, Scena III). Sono state proprio calunnie di questo tipo che, secondo la premiata ditta Dekker, Ford e Rowley, hanno portato Elizabeth Sawyer, la protagonista della loro opera The Witch of Edmonton, a vendere davvero la propria anima al Diavolo.
Naturalmente le streghe possono colpire anche gli esseri umani, sia mediante incantesimi che con la preparazione di figurine di paglia o cera simili alle oggi più conosciute bamboline vudù. Proprio per questo Riccardo III nell’omonimo dramma rivolge queste parole ai suoi fedeli: «Prego tutti voi, ditemi che cosa meritano coloro che con diaboliche trame di maledetta stregoneria complottano la mia morte e che con le loro fatture infernali hanno soggiogato il mio corpo […]. Guardate come sono stregato! Osservate il mio braccio disseccato come uno sterpo colpito dalla folgore! E questo è opera della moglie di Edoardo, quella strega mostruosa che, in combutta con quella sgualdrina, la puttana di Shore, m’ha segnato a questo modo con la loro malia» (Atto III, Scena IV)21. Qui, nello specifico, vediamo l’usurpatore Riccardo accusare di stregoneria la vedova di Edoardo IV, Elisabetta Woodville, e la di lui amante, Jane Shore. Che poi non sono nemmeno gli unici personaggi storici legati alla stregoneria nominati da Shakespeare. C’è, per esempio, la già menzionata vecchia di Brainford a cui si accenna anche in un’opera di Dekker e Webster, Westward Ho22, e che sembra fosse molto rinomata in quel periodo soprattutto per far fatture e predire il futuro, come ci viene ricordato anche ne Le allegre comari di Windsor. In Enrico VI parte prima appare Giovanna d’Arco che allora era ritenuta – in special modo dagli inglesi che ne avevano tutti gli interessi – una strega al servizio del Maligno. Mentre in Enrico VI parte seconda (si veda, in particolare: Atto I, Scene II e IV; Atto II, Scene I e III) Shakespeare mette in scena la congiura a sfondo stregonesco compiuta da Eleanor Cobham ai danni di Re Enrico VI. La Duchessa Eleanor era moglie di Humphrey di Lancaster, Duca di Gloucester, che a sua volta era zio di Enrico nonché suo successore in caso di una prematura dipartita del giovane Re, particolare che dà il senso dell’intera faccenda. Il complotto venne scoperto nel 1441 e insieme alla già nominata Eleanor Cobham furono accusati di cospirazione anche John Hume, Thomas Southwell, Roger Bolingbroke e Margery Jourdemayne (chiamata nell’opera Margery Jourdain) una poveraccia che aveva fama di essere una strega.

Tornando nell’ambito della pura fantasia, si può affermare che forse l’abilità che più distingue queste pericolose donne è il saper manipolare a piacimento gli eventi atmosferici. Le streghe possono, infatti, scatenare tempeste23, governare i venti e perfino controllare la luna. Queste incredibili capacità erano appannaggio delle fattucchiere già nell’antichità. Sempre Lucano ci informa che le temibili streghe della Tessaglia sono capaci di far piovere e tuonare, di tirar giù la luna dal cielo e far scorrere i fiumi al contrario e che Eritto, in particolare, è addirittura in grado di afferrare i fulmini (Farsalia, VI). L’alterazione degli elementi e del corso degli astri, così come il rovesciamento dell’ordine naturale delle cose, li si ritrova praticamente in tutti i testi che in un modo o nell’altro trattano di streghe e affini: nelle Metamorfosi di Apuleio (I, 8; II, 5 e III, 15), nell’Eneide di Virgilio (IV, 480-491), negli Amores di Ovidio (I, 8), nelle Elegie di Properzio (IV, 5), negli Epodi di Orazio (V, 45), ne Le nuvole di Aristofane e c’è pure un fuggevole accenno nel Satyricon di Petronio (63). Ma ovviamente l’esempio principe è Medea, la maga per eccellenza (Ovidio, Metamorfosi, VII; Seneca, Medea, 752-66). Grazie a Olaus Magnus sappiamo che ancora a metà del XVI secolo in Finlandia c’erano persone che ritenevano di poter “catturare” i venti per poi venderli a chi fosse interessato, cioè, solitamente, marinai (Historia de gentibus septentrionalibus, III, 16).

A proposito di viaggi in mare, può essere interessante analizzare le battute che le streghe del Macbeth si scambiano all’inizio della terza scena del primo atto. La prima informa le sorelle che per lo sgarro di una donna si vendicherà su suo marito che si trova imbarcato su una nave, la Tiger, da poco salpata da Aleppo. L’obiettivo è scatenare una tempesta e far soffiare venti di burrasca in modo che, anche se il vascello non dovesse inabissarsi, l’equipaggio ne patirebbe comunque fino a deperire. Quasi a suggello di promessa mostra, poi, «il pollice di un pilota naufragato mentre se ne tornava a casa»24, come a dire che non è la prima volta che lo fa e che sa come portare a termine il progetto. Ma come conta di attuare questo maleficio? La strega intende raggiungere il malcapitato veleggiando a bordo di un setaccio, trasformata in un sorcio senza coda. Siamo di fronte, qui, a ben due tratti caratteristici del folklore stregonesco. Il setaccio, innanzitutto, lo troviamo già connesso alla pioggia, sia in India che nell’antichità greco-romana ed è, dunque, un veicolo utile se si vogliono creare dal nulla dei temporali. Vi è inoltre un collegamento cronologicamente più vicino che potrebbe anche essere stato la fonte diretta del Bardo. Nel 1590 Agnes Sampson dichiarò di aver viaggiato per mare insieme ad altre centinaia di streghe proprio a bordo di setacci e crivelli. Tale confessione venne resa durante un processo che vide implicate numerose persone accusate di aver attentato alla vita di Giacomo I. L’indagine fu condotta su istigazione dello stesso Re che, salvatosi per un soffio dopo che una spaventosa burrasca aveva quasi fatto colare a picco la sua nave di ritorno dalla Danimarca, vedeva streghe e servi del Demonio un po’ in ogni dove. Naturalmente per mezzo della tortura poveracci e poveracce come Agnes Sampson confermarono i suoi sospetti ammettendo che sì, erano stati loro a scatenare la tempesta che per poco non l’aveva ucciso.
Quanto alla trasformazione in topolino, più che la mutazione in animale in sé, comunque ben attestata fin dagli albori della civiltà per ciò che concerne figure stregonesche, è utile sottolineare il particolare della mancanza della coda. Secondo il folklore, infatti, caratteristica tipica dello shapeshifting e spesso unico metodo per identificarlo, è proprio l’assenza o una marcata anomalia di un tratto tipico dell’essere di cui si prendono le sembianze.
Il potere di comando sulla luna è appannaggio di Sycorax25, la strega che mai appare ne La tempesta, se non nei discorsi di chi, invece, è presente in scena e il cui ricordo ancora influenza le vite di quanti l’avevano conosciuta (in primis, il figlio Caliban, poi il suo ex famiglio Ariel). Sarebbe stato bello avere maggiori informazioni su questo personaggio, ma purtroppo Shakespeare è tremendamente avido di dettagli nei suoi confronti. Sappiamo, però, che aveva gli occhi azzurri (Atto I, Scena II), un connotato sovente posseduto da esseri fatati o liminari26.
Compagni fedeli delle streghe sono, poi, i cosiddetti famigli ovvero quelle entità soprannaturali che, prendendo solitamente la forma di animali, si diceva servissero le streghe. Le fatidiche sorelle sono, infatti, supportate nei loro misfatti da Graymalkin (“Gatto grigio”), Paddock (“Rospo”) e da Harpier che, a giudicare dal nome, si direbbe essere un’arpia o, forse, un qualche volatile – si è pensato sia al gufo che al corvo – ritenuto di cattivo auspicio e vicino alla creatura mitologica che ne ispira l’appellativo (Atto I, Scena I e Atto IV, Scena I). Possiamo desumere, come accennato poco sopra, che anche l’Ariel de La tempesta sia della stessa sorta, sebbene non venga detto esplicitamente. Infine, da segnalare come famiglio anche il cane parlante Tom che appare nella già nominata The Witch of Edmonton.
Shakespeare ci offre pure un esempio delle prelibatezze che andavano a finire nel calderone di quelle empie donne (Macbeth, Atto IV, Scena VII): l’idea di base è infilarci dentro tutte le cose più repellenti, orride e velenose (o considerate tali) che possono venire in mente. Sarà così che le streghe man mano getteranno nel loro «brodo infernale»: «rospo, che sotto una pietra fredda per giorni trentuno hai trasudato veleno e vi sei stato sorpreso a dormire […] filetto d’una biscia di palude […], occhio di ramarro e dita di ranocchia, pelo di pipistrello e lingua di cane, lingua forcuta di vipera e pungiglione d’un orbettino, zampa di lucertola e ala di gufo […] scaglia di drago, dente di lupo, mummia27 di strega, ventre ed esofago dello squalo rapace, radice di cicuta scavata al buio, fegato d’un giudeo bestemmiatore, fiele di capra e schegge di tasso tagliate durante un’eclissi di luna, naso di turco, labbra di tartaro, dito d’un pargolo strozzato in culla e messo al mondo da una baldracca in un fossato, […] anche le budella d’una tigre […] il sangue d’un babbuino […] il sangue d’una scrofa che si sia cibata di tutt’intera la sua covata di nove porcelli e aggiungasi il grasso trasudato dalla forca d’un assassino»28. Non si tratta di un’invenzione del Bardo: già Ovidio descrive in maniera analoga gli ingredienti utilizzati da Medea (Metamorfosi, VII), così come lo fanno altri drammaturghi contemporanei di Shakespeare: Thomas Middelton con The Witch29 e Anthony Munday con Fidele e Fortunio, giusto per nominarne alcuni.
Comunque le streghe non sono onnipotenti: talvolta i loro sortilegi possono anche non funzionare. Il momento stesso in cui si pronuncia un incantesimo è già di per sé fonte di rischio: bisogna fare attenzione che ci sia silenzio, pena l’invalidazione della magia30. E poi è risaputo, come ci ricorda Marcello nell’Amleto (Atto I, Scena I)31, che le streghe perdono i loro poteri la notte di Natale.


Bibliografia
(Tutte le opere di Shakespeare qui citate sono in italiano con testo originale a fronte)
SHAKESPEARE William, 2004, Macbeth, Milano, BUR
SHAKESPEARE William, 2016, Le allegre comari di Windsor, Milano, BUR
SHAKESPEARE William, 2016, Misura per misura, Milano, Garzanti Editore
SHAKESPEARE William, 2015, La tempesta, Milano, Garzanti Editore
SHAKESPEARE William, 2015, Riccardo III, Milano, Garzanti Editore
SHAKESPEARE William, 1995, Enrico VI, parte prima, Milano, Garzanti Editore
SHAKESPEARE William, 1999, Enrico VI, parte seconda, Milano, Garzanti Editore
SHAKESPEARE William, 2006, Amleto, Milano, BUR
TOSI Laura, 2021, Shakespeare: guida a Macbeth, Roma, Carocci Editore
DOMENICHELLI Mario, 1994, Il limite dell’ombra. Le figure della soglia nel teatro inglese fra Cinque e Seicento, Milano, Franco Angeli
CHIESA ISNARDI Gianna, 2008, I miti nordici, Milano, Longanesi
VIRGILIO, 1994, Eneide, Roma, Newton&Compton Editori
OVIDIO, 2015, Metamorfosi, Torino, Einaudi
PETRONIO, 2020, Satyricon, Milano, Bompiani

Reperibili online:
Holinshed’s Chronicles of England, Scotland and Ireland, in Six Volumes, Vol. V- Scotland : Holinshed, Raphael : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive
The Project Gutenberg eBook of Elizabethan Demonology An Essay in Illustration of the Belief in the Existence of Devils, and the Powers Possessed By Them, as It Was Generally Held during the Period of the Reformation, and the Times Immediately Succeeding; with Special Reference to Shakspere and His Works, by Thomas Alfred Spalding
The discoverie of witchcraft : Scot, Reginald, 1538?-1599 : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive
– MACHIN Lewis e MARKHAM Gervase The Dumb Knight (shu.ac.uk)
The Project Gutenberg eBook of Beaumont & Fletcher’s Works (10 of 10), by Francis Beaumont; John Fletcher. The Honest Man’s Fortune
– GREENE Robert Friar-Bacon-Annotated.pdf (elizabethandrama.org)
Thomas Dekker : Dekker, Thomas, ca. 1572-1632 : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive The Witch of Edmonton
The works of John Webster ; : Webster, John, 1580?-1625? : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive vol. 3; Westward Ho (in collaborazione con Thomas Dekker)
Fidele and Fortunio, the two Italian gentlemen : Munday, Anthony, 1553-1633 : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive
The Witch, by Thomas Middleton (tech.org)
Amadas et Ydoine, poeme d’aventures. Publié pour la premiere fois er précédé d’une introd. par C. Hippeau : Hippeau, Célestin, 1803-1883 : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive
– OLAUS MAGNUS Historia de gentibus septentrionalibus (runeberg.org)
– APULEIO, Metamorfosi bibliotheca Augustana (hs-augsburg.de)
– OVIDIO Amores – Wikisource
Lucan (thelatinlibrary.com) Farsalia
– ORAZIO Epodi – Wikisource
Satire (Orazio) – Wikisource
Medea (Seneca – Dolce) – Wikisource
ARISTOFANE: Le nuvole (testo completo) (filosofico.net)
Propertius (thelatinlibrary.com) Elegie

Segnalo, infine, che sono disponibili delle edizioni a fumetti del Macbeth di Shakespeare (in lingua originale):
Classics Illustrated-128- Macbeth: William Shakespeare: Free Download, Borrow, and Streaming: Internet Archive (del 1955)
Illustrated Classics Macbeth: Free Download, Borrow, and Streaming: Internet Archive (del 2006)

1Per un approfondimento sulla visione che Shakespeare ha di altre creature fantastiche: Le fate di Shakespeare – Spore (wordpress.com)
2Weird” è infatti qui utilizzato non in senso moderno, ma come derivazione dal vocabolo dell’inglese antico “wyrd“, ossia fato, destino.
3«thrée women in strange and wild apparell, resembling creatures of elder world» (Holinshed’s Chronicles, Vol. V, p. 268).
4«the common opinion was, that these women were either the weird sisters, that is (as ye would say) the goddesses of destinie, or else some nymphs or feiries, indued with knowledge of prophesie by their necromanticall science» (Holinshed’s Chronicles, Vol.V, p. 269).
5Il minuscolo è voluto e continuando a leggere ne capirete il motivo.
6Asi e Vani sono le due stirpi divine in cui è suddiviso il pantheon nordico. A grandi linee, i Vani possono essere ricollegati alla terra e alla fecondità, mentre gli Asi, che assunsero la supremazia dopo il conflitto con i primi, sono più spiccatamente dèi celesti.
7È esattamente ciò che vediamo capitare a Macbeth. Egli, infatti, mai aveva ambito a diventare re, ma dopo che le streghe gli rivelano che quello è il suo destino, si adopera per assassinare il proprio monarca affinché la profezia possa realizzarsi.
8«Say, if thou’dst rather hear it from our mouths, or from our masters?» ovvero «Ma rendici prima noto se preferisci udir le risposte dalle nostre bocche o da quelle dei nostri padroni» (Atto, IV, Scena I. Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
9«Et puis se müent a mervelle / em beles figures de fees; / si se tignent a Destinees. / Pour Cloto se tient la premiere, / pou Lachesis l’autre sorciere, / et la tierce pour Atropos […]; / as trois Destinees se tienent / par qui toutes coses avienent».
10 «wither’d and so wild in their attire […] choppy finger […] skinny lips» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
11 «beldams as you are, saucy, and overbold» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
12 «you secret, black, and midnight hags» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
13 La definizione è tratta da An Encyclopedia of Fairies di K. Briggs, p. 216, ma la si può facilmente trovare in qualsiasi dizionario di inglese.
14 «Tenet ora profanae foeda situ macies, caeloque ignota sereno terribilis Stygio facies pallore gravatur inpexis onerata comis».
15 «are women which be commonly old, lame, bleare-eied, pale, fowle, and full of wrinkles; poore, sullen, superstitious, and papists ; or such as knowe no religion […]. They are leane and deformed, shewing melancholic in their faces, to the horror of all that see them» (The Discoverie of Witchcraft, I, III). Va ricordato, tuttavia, che Scot non riteneva reali i poteri delle streghe. Secondo l’autore, infatti, tutto ciò che gravitava nell’ambito della stregoneria dipendeva da raggiri, ignoranza, credulità e autosuggestione tanto che tutto il libro era stato strutturato per confutare le tesi allora correnti sull’argomento.
16 «you should be women, and yet your beards forbid me to interpret that you are so» ovvero «Dovreste esser donne, e nondimeno le vostre barbe m’impediscono di credervi tali» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
17 «I think the ‘oman is a witch indeed. I like not when a ‘oman has a great peard; I spy a great peard under his muffler» (Atto IV, Scena II. Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
18 «And yet the eighth appears, who bears a glass, which shows me many more» ovvero «Eppure sta per comparire l’ottavo, con uno specchio in mano, nel quale io ne scorgo tanti altri» (Atto IV, Scena I. Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
19 «and like a prophet looks in a glass that shows what future evils» ossia «e, come un profeta, vede nel magico cristallo quei mali futuri» (Traduzione di Sergio Perosa, vedasi Bibliografia).
20 «Within this glass prospective tou shalt see this day what’s done in merry Fressingfield ‘twixt lovely Peggy and the Lincoln Earl» ossia «In questo specchio magico tu vedrai cosa avviene oggi nell’allegra Fressingfield fra la bella Peggy e il Conte di Lincoln» (Atto II, Scena III. Traduzione di Mario Domenichelli, vedasi Bibliografia). La commedia, il cui titolo completo sarebbe The Honorable Historie of Frier Bacon and Frier Bongay, è incentrata sulla “leggenda metropolitana” secondo cui Roger Bacon – o, come lo conosciamo noi, Ruggero Bacone – fosse, in realtà, un potente mago in grado anche di creare delle specie di automi ante litteram. Per approfondire la questione: L’alba dei robot: gli antropoidi artificiali dall’antichità al XIX secolo – Spore (wordpress.com)
21 «I pray you all, tell me what they deserve that do conspire my death with devilish plots of damned witchcraft, and that have prevail’d upon my body with their hellish charms […]. See how I am bewitch’d! Behold, mine arm is like a blasted sapling wither’d up! And this is Edward’s wife, that monstrous witch, consorted with that harlot, strumpet Shore, that by their witchcraft thus have marked me» (Traduzione di Vittorio Gabrieli, vedasi Bibliografia).
22 Vi leggiamo, infatti: «I doubt that old hag, Gillian of Brainford, has bewitched me» ovvero «Penso che quella vecchia fattucchiera, Gillian di Brainford, mi abbia stregato» (Atto V, Scena I).
23 Per un approfondimento su tempestarii e altra gente in grado di scatenare temporali: Di astronavi medievali e altre stregonerie – Spore (wordpress.com)
24 «a pilot’s thumb, wrack’d, as homeward he did come» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
25 Sycorax «was a witch: and one so strong that could control the moon» ovvero «era una strega; e così forte che poteva governare la luna» (Atto V, Scena I. Traduzione di Agostino Lombardo vedasi Bibliografia).
26 Bisogna però notare che secondo la critica moderna gli occhi azzurri (blue eyes) di Sycorax sarebbero in realtà da interpretare come palpebre blu (blue eyelids), essendo questo un segno della sua gravidanza, come accade anche nell’opera di Webster Duchess of Malfi.
27 In realtà le mummie, per un certo periodo di tempo, sono state utilizzate come medicamento anche dalle persone più che rispettabili. Si veda a questo proposito: Gnam! Cannibali, fra mito folklore e realtà – Spore (wordpress.com)
28 «toad that under cold stone days and nights has thirty-one swelter’d venom, sleeping got […] fillet of a fenny snake, […] eye of newt, and toe of frog, wool of bat, and tongue of dog, adder’s fork, and blind-worm’s sting, lizard’s leg, and howlet’s wing […] scale of dragon, tooth of wolf; witches’ mummy; maw, and gulf, of the ravin’d salt-sea shark; root of hemlock, digg’d i’th’dark; liver of blaspheming Jew; gall of goat, and slips of yew, silver’d in the moon’s eclipse; nose of Turk, and Tartar’s lips; finger of birth-strangled babe, ditch-deliver’d by a drab, […] a tiger’s chaudron, […] a baboon’s blood […] sow’s blood, that hath eaten her nine farrow; grease, that’s sweaten from murderer’s gibbet» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).
29 Da quest’opera, fra l’altro, si dice siano state ricavate le parti del Macbeth collegate alla figura di Ecate e, in particolare, le canzoni presenti nella quinta scena del terzo atto e nella prima scena del quarto atto.
30 Ne La tempesta Prospero dice: «hush, and be mute: or else our spell is marr’d» ovvero «taci, o l’incantesimo si spezza» (Atto IV, Scena I. Traduzione di Agostino Lombardo vedasi Bibliografia).
31 «Some say that ever ‘gainst that season comes wherein our Saviour’s birth is celebrated, the bird of dawning singeth all night long; and then, they say, no spirit can walk abroad; the nights are wholesome; then no planets strike, no fairy takes, nor witch hath power to charm, so hallow’d and gracious is the time» ovvero «Dicono taluni che all’appressarsi di quel tempo dell’anno in cui si celebra il natale del nostro Salvatore, l’uccello dell’alba canta sempre per tutta la notte quant’è lunga: ed allora – dicono – gli spiriti non possono vagare in giro; le notti son salubri, gli astri non son perniciosi, né fata alcuna ha potere d’incantesimo o strega di affatturamento: tanto santificato e colmo di grazia è quel tempo» (Traduzione di Gabriele Baldini, vedasi Bibliografia).


DianaColombre · Mitologia e Folklore (@idaion_antron)

Immagine: The Tragedy of Macbeth, Joel Coen (2021)

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